Care e cari tutte e tutti,
la nostra Regione Lombardia sotto la guida dell'affarista clericale Formigoni ha promosso un forte impegno in tema di politica estera sotto un'accezione puramente commerciale. Oltre alla natura commerciale delle relazioni con i Paesi in via di sviluppo, la giunta Formigoni ha impostato rapporti connaturati da uno strato di affarismo illecito esportando all'estero il modello delle tangenti e dei ricavi illeciti sulle vendite del petrolio, i cui beneficiari destinatari sono state aziende prestanome, create all'occasione per "giustificare" le entrate dei lauti ricavi, derivanti dalla commercializzazione del petrolio, non trasposte sulle documentazioni finanziarie pubbliche amministrative. Certamente
siamo al punto dell'inchiesta e vi è ancora la presunzione della commissione del reato penale amministrativo. Credo che sia necessario che la giustizia internazionale faccia il suo corso per denunciare la verità concernente la grave questione dell'affare Oil for food. La cooperazione internazionale è, sicuramente, vista come fondamentale dalla giunta uscente: ma non in funzione di una costruzione solidaristica dei rapporti e di confronto dialogante e collaborativo intersociale tra i popoli, non in funzione di costruire rapporti di pace e di progresso sociale e civile tra gli stati; bensì in funzione di una ricompensa economica e finaznairia, che arricchisca il popolo potente a discapito di quello debole e che instauri un rapporto permanente di subordinazione di quest'ultimo rispetto al primo. Anche per questo direi: Lombardia per il cambiamento. Una Lombardia soggetto promotore di pace e di progresso e non dispensatrice di ricavi economici e finanziari per
l'arricchimento delle singole imprese amiche del luogo: imprese che assicurino giusti investimenti per la giunta in carica, a discapito degli interessi collettivi e comunitari della realtà sociale che governa e che amministra. Per comprendere quello che sta accadendo dietro a questa "magnanima" operazione commerciale è opportuno leggere l'articolo di Claudio Gatti, giornalista de Il Sole 24 Ore, il quale ci spiega in modo chiaro e puntuale tutta la dinamica degli eventi che sono stati funzionali a realizzare il reato internazionale, nei confronti del quale la giustizia internazionale sta promuovendo una lunga fase istruttoria. Buone lettura a tutte e a tutti voi e ancora una volta in più diciamo: Cambia il vento in Lombardia. Per una Lombardia internazionalistae solidaristica e non azienda privata multinazionale!
Un fraterno saluto a tutte e a tutti
Alessandro Rizzo
Candidato alle elezioni regionali Lombardia - Comunisti Italiani
Formigoni sempre più coinvolto nello scandalo Oil for Food
A pagina 1 di Il Foglio del 2005-02-10, un giornalista - Maurizio Crippa firma un articolo dal titolo «Nuovi dettagli italiani dell'inchiesta Oil for Food. Protagonista Formigoni - Lettera al direttore»
IL FOGLIO di giovedì 10 febbraio 2005 pubblica in prima pagina un articolo sul coinvolgimento di roberto formigoni nello scandalo Oil for food, che riportiamo:
Milano. Il Sole 24 Ore e il Financial Times ieri hanno pubblicato, a firma di Claudio Gatti, uninchiesta sul ruolo di Roberto Formigoni nello scandalo Oil for food, il programma di aiuti umanitari allIraq gestito dallOnu e oggi oggetto di varie inchieste negli Stati Uniti e di una interna al Palazzo di Vetro. Il presidente della Lombardia ha liquidato le accuse come la solita minestra riscaldata che da un anno viene riciclata in modi diversi. E vero, infatti, che questa non è la prima volta che il nome di Formigoni e di altri italiani, uno dei quali è il prete no global padre Benjamin, viene collegato ai beneficiari di buoni-petrolio stilata da Saddam come contropartita di un sostegno politico contro le sanzioni. Formigoni rivendica la campagna e di aver contribuito ad aiutare le attività di aziende italiane allestero, ma nega ogni altro addebito Il nome di Formigoni è comparso per la prima volta il 25 gennaio 2004 sul
giornale iracheno al Mada, accanto allindicazione di 24 milioni di barili. Linchiesta del Sole fornisce però documenti che proverebbero un suo ruolo attivo. Claudio Gatti riproduce un fax con cui Formigoni segnalò a Tareq Aziz due società petrolifere italiane, una delle quali è la Cogep. Al giornalista risulta che il primo contratto tra la Cogep e lazienda petrolifera irachena fu firmato a Baghdad il 18 gennaio 1998. Per la Cogep firmò Marco De Petro, un ex deputato Dc, esponente del Movimento popolare, oggi presidente di una società controllata dalla Regione Lombardia e consulente di Formigoni per i rapporti internazionali. Ecco il legame, ha scritto il Sole 24 Ore. Il giornale ha anche raccontato che la Cogep avrebbe pagato tangenti per 943 mila dollari a Saddam attraverso versamenti su conti correnti giordani e libanesi. Non ci sono prove che Formigoni e De Petro sapessero di queste tangenti ha scritto Gatti ma
gli investigatori hanno appurato che non tutti i profitti sono rimasti nelle casse della Cogep. Spunta unaltra società, la Candonly, che avrebbe ricevuto tre centesimi per ogni
barile di petrolio acquistato dallIraq. Fatti due calcoli, nelle casse della Candonly sarebbero finiti circa 2 milioni di dollari. Secondo Il Sole (che offre dettagli minuziosi che sembrano più italiani che provenienti dallOnu) un giro di prestanomi dietro la Candonly in realtà nasconderebbe Marco De Petro, il quale però smentisce.
Le Nazioni Unite nel 1995 hanno aperto una breccia sulle sanzioni al regime iracheno. Lidea era quella di aiutare la popolazione civile, pur continuando a esercitare pressioni su Baghdad. La Somo, la società petrolifera irachena, è stata autorizzata a vendere svariati miliardi di barili di greggio per oltre 64 miliardi di dollari. I soldi transitavano su un conto della banca Bnp di Parigi gestito dallufficio Onu guidato dal braccio destro di Kofi Annan, Benon Sevan. LOnu ha utilizzato quei soldi per pagare oltre
3.500 società che hanno distribuito cibo in Iraq (39 miliardi di dollari), per le indagini degli ispettori Onu (quasi due miliardi), per compensare i danni di guerra in Kuwait (18 miliardi), per finanziare un fondo di sviluppo per lIraq (8 miliardi e 600 milioni). Quasi un miliardo se nè andato in spese di gestione, un altro miliardo è rimasto in cassa, parte del quale oggi è utilizzato dalla Commissione dinchiesta Onu guidata da Paul Volcker. Il programma avrebbe generato 21 miliardi di dollari tra tangenti e affari illeciti. Il meccanismo ideato da Saddam per finanziare i suoi sponsor era geniale. Con la complicità delle strutture Onu, il prezzo del petrolio iracheno veniva fissato a una quota più bassa del valore di mercato. I beneficiari segnalavano a Baghdad un mediatore che comprava il diritto ad acquistare petrolio a prezzo ribassato e poi a rivenderlo al prezzo reale. La differenza era il beneficio per gli amici del rais. E
non restavano le impronte. Il primo rapporto della Commissione Volcker ha confermato lo schema e il ruolo ambiguo dellOnu. Un secondo rapporto, previsto entro lestate, esaminerà la posizione di Annan e di suo figlio Kojo. Il nome di Roberto Formigoni nel primo rapporto non compare. A ottobre, il Foglio ha appreso da ambienti della Commissione dellOnu che gli investigatori non avrebbero indagato su tutti i 270 beneficiari, ma che si sarebbero concentrati sullOnu e sui politici di quei paesi più filo Saddam. Il governo russo risulta assegnatario di una quota di 1.366 miliardi di barili (Formigoni 24 milioni), mentre tra i francesi implicati ci sono lex ministro dellInterno Charles Pasqua e lex ambasciatore allOnu Jean Bernard Merimee.
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