Credo più che mai che sia necessario riflettere su una parte odiosa applicativa del sistema giuridico e potestativo dello stato: il potere di reprimere e punire forme di devianza rispetto alla norma. E' una parte gravosa, fortemente lesiva dei diritti umani e delle libertà del soggetto. Diverse forme alternative alla carcerazione e alla detenzione carceraria sono all'ordine del giorno della discussione in diversi stati dell'Europa e non solo: in Finlandia, per esempio, esistono già applicate forme di misure penali alternative a quelle detentive. Ma una domanda si pone difronte al prossimo appuntamento elettorale in cui sono impegnato come candidato nella lista del Partito dei Comunisti Italiani: la Regione, l'Ente il cui
consiglio andiamo a rinnovare, che potere ha in merito? Ossia la misura penale e penitenzaria è di carattere statale, nazionale ed è regolamentata dal Parlamento, materia di competenza esclusiva legislativa, perchè garanzia dell'eguaglianza dei trattamenti di tutti i cittadini difronte alla legge: ma la Regione che cosa può fare in merito?
La situazione esasperata a livello umano e di forte gravità a livello civile della condizione in cui vivono i cercerati o i ristretti in libertà ci pone necessariamente difronte all'urgenza di reperire forme e canali di lenimento delle gravi vessazioni a cui sono sottoposti i detenuti: dalla mancanza di spazio fisico e vitale, all'assenza totale di forme di comunicazione con l'esterno; dalle condizioni igienico sanitarie precarie alle condizioni di mancanza di scolarizzazione e di forme di sostegno nella fase del completamento dei cicli di istruzione (molti sono i detenuti minorenni, in fase ancora scolare); dalla mancanza di canali di contatto con i famigliari alla mancanza di possibilità di forme di soddisfacimento delle esigenze sessuali, componente, questa, di vita normale di relazione con il proprio partner. In Italia abbiamo denunciato negli ultimi anni l'aggravarsi esponenziale delle condizioni del detenuto: forme di protesta e di scioperi hanno sconvolto le
carceri italiani e le cause sono da reperirsi nella mancanza totale di provvedimenti, da parte del ministero attuale, di ricerca di forme alternative alla forma detentiva penale e di miglioramento delle condizioni vitali del detenuto.
La Regione, quindi, può fare qualcosa?
Il rapporto letto nella precedente mia mail fa discutere e riflettere molto sulle condizioni disumane presenti nelle carceri: la dignità della persona soggetta a restrizione viene elisa normalmente e non trova forme di garanzia di tutela dei propri diritti in autorità terze rispetto alla struttura penitenziaria e giurisdizionale. Per questo è importante sostenere la costituzione del cosidetto garante, ossia dell'Ombudsman. Il garante è soggetto civile terzo tra le parti con il compito di dirimere le controversie, a volte insanabili, a volte sanabili, ma comunque di entità violenta e forte, che si creano tra detenuto e istituzione penitenziaria. E' l'esigenza posta dalle direttive europee e dai canali di applicazione delle dichiarazioni dei diritti umani inalienabili che, internazionalmente, dettano legge attuativa nell'ambito dello stato e invitano vincolativamente a rendere operative misure che siano indirzzate ad applicare le disposizioni.
Ma credo che oltre a questa forma di garanzia di stampo tradizionalmente scandinavo, che nella sua terzietà porta a concepimento un canale indipendente e più oggettivo nell'analisi della questione conflittuale e di tutela dei diritti umani, spesso violati dall'ente carcerario e dall'amministrazione penitenziaria, occore istituire forme di forte raccordo tra la realtà carceraria e la realtà territoriale in essa inserita.
Il volontariato e l'associazionismo del terzo settore hanno svolto importanti azioni nell'ambito dei sistemi carcerari e di difesa dei diritti umani e inalienabili: penso che collaborare istituzionalmente con un ponte di raccordo tra le due entità sia uno strumento essenziale che possa garantire forme di intervento incisive nella soluzione delle situazioni odiose, conseguenti al sistema penitenziario rigido attuale, e un osservatorio permanente delle condizioni dei carcerati e dell'analisi di forme sperimentali di alternative ai sistemi di detenzione carceraria.
Raccordare fortemente una rete di convezioni che possano essere finalizzate al raggiungimento di sostegni sanitari assicurativi e di forme di tutela sanitaria dei detenuti con un servizio capillare, efficente e funzionante, che possa avere l'obiettivo di garantire al carcerato e al ristretto nelle libertà la giusta sicurezza igienico-sanitaria nella tutela della propria persona.
Infine, occorre attivare e aumentare forme di collaborazione convenzionale con istituti scolastici e universitari al fine di garantire ai detenuti il proseguimento del proprio corso di studi e il completamento della propria formazione, nelle stesse condizioni di qualsiasi cittadino, con meriti e capacità, contro l'esclusione e la dispersione.
Credo che l'aspetto lavorativo occupazionale sia propedeutico a rendere la pena non strutturata su un concetto di misura repressiva risarcitoria del detenuto ma, bensì, come forma di recupero sociale volto all'integrazione del deviante all'interno dei canoni sociali e ambientali di vita comune e collettiva. In questo caso occorre aumentare la stipulazione di forme di accordi e contratti con enti e istituti lavorativi, nell'opera di mediazione dei centri di collocamento a forma partecipata, che possano prevedere mansioni lavorative qualificanti per il detenuto e spazi temporali di svolgimento delle attività lavorative aldfiuori dell'ambito carcerario, tramite un progressivo reinserimento del detenuto e del ristretto nelle proprie libertà all'interno del contesto lavorativo, economico e sociale esterno al carcere.
Io credo che come istituzione locale sia doveroso dare delle risposte che possano attuare un principio sano e costituzionale della nostra Repubblica: il principio di pena come forma di recupero sociale del deviante dalla norma. Ma questa battaglia, che deve diventare primaria nell'azione di governo del cambiamento e per il cambiamento in Lombardia, è una battaglia di civiltà, di alto tenore valoriale ed etico che porta a considerare ogni persona, in quanto essere umano, soggetto a diritti inalienabili, che neppure la pena detentiva può elidere, nell'insensata e infondata accezione di eccezione alla regola fondamentale di difesa dei diritti universali dell'uomo.
Alessandro Rizzo
Candidato alle elezioni regionali
Partito dei Comunisti Italiani
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