No alla devolution
fonte: www.libertaegiustizia.it - 23/03/05
In un tempo nel quale il senso dello Stato e la dignità delle istituzioni nazionali vengono pericolosamente calpestati, vogliamo con questo manifesto riaffermare il loro valore assoluto come premessa al rilancio del paese verso quei traguardi di convivenza civile e di benessere cui possiamo e dobbiamo aspirare.
Antistato e devolution sono oggi due sinonimi.
La devolution è un modello istituzionale molto debole e superato. Appartiene al passato e contraddice i veri bisogni dellItalia.
Nellultimo decennio la forte spinta al decentramento ha molto rafforzato le autonomie regionali e comunali. In questo senso è stata proficua. Ma adesso, se viene portata avanti in modo estremo sino a indebolire e insidiare le istituzioni nazionali, è antistorica.
La devolution è unidea vecchia, comè vecchia e pericolosa la cultura che la promuove, intrisa di sentimenti antinazionali, antieuropei, xenofobi se non addirittura secessionistici.
Unidea astratta che non tiene nessun conto del funzionamento dei moderni sistemi federalisti, che fanno tutti perno sul raccordo e il coordinamento tra lo Stato e le autonomie locali e non sulla loro separazione e contrapposizione.
La devolution non tocca il vero problema dellItalia doggi che ha invece bisogno di un proficuo equilibrio tra autonomie locali responsabili e moderne e uno Stato snello e leggero, più regolatore che gestore, ma proprio per questo ancor più serio e credibile, con istituzioni pubbliche efficienti, capaci di decidere e operare.
Una riforma in senso pseudo-federale della Costituzione può rompere questo equilibrio positivo, provocando gravissimi danni alla nostra stabilità istituzionale resa fragile e precaria da operazioni di riforma improvvisate e non largamente condivise.
Le sfide dalle quali dipende il rilancio dellItalia o il suo declino hanno dimensioni europee e mondiali. Riguardano la giustizia, limmigrazione, la sicurezza ambientale, la ricerca e linnovazione, la globalizzazione e la competizione internazionale, gli equilibri nord-sud, il nuovo ordine mondiale. LItalia non può affrontare questi obiettivi chiudendosi in una angusta prospettiva di egoismi localistici che nulla hanno a che vedere con lo spirito autonomistico della nostra Costituzione.
Le grandi questioni del terzo millennio possono essere risolte solo con uno Stato autorevole e rappresentativo. Sono sfide che si vincono solo se il popolo si sente nazione e tiene conto della storia e delle tradizioni comuni allintero paese. Si vincono solo con una forte integrazione in Europa e nelle organizzazioni internazionali, unico vero strumento di dialogo e di pace.
Questa è la battaglia per il futuro dellItalia. La battaglia della modernità.
Se non riusciremo a rinnovare veramente in questa direzione le nostre istituzioni nazionali diverremo sempre più deboli in Europa e nel mondo. Non avremo un domani.
Al rilancio dellItalia servono innanzi tutto grandi battaglie di respiro civile. Serve adoperarsi per la difesa della nostra cultura, della nostra storia democratica e delle nostre tradizioni. Serve unEuropa sempre più forte e autorevole. Serve dare priorità nazionale alla lotta alla criminalità. Serve uno Stato motore di sviluppo e di crescita economica che, allo stesso tempo, sappia non invadere ambiti nei quali non è strettamente necessario il suo intervento. Servono investimenti per la scuola e luniversità. Servono servizi sociali che uniscano il paese e diminuiscano le distanze tra nord e sud, tra ricchi e poveri. Serve anche una televisione pubblica indipendente e pluralista, al servizio di quella democrazia compiuta sulla quale il Presidente Ciampi ha spesso richiamato lattenzione degli italiani.
Ma soprattutto, al di là delle naturali differenze tra gli schieramenti politici, riteniamo necessario che il nostro Paese ritrovi una sua profonda unità su alcuni valori condivisi e sulle regole fondamentali della vita pubblica.
Nulla nuoce al nostro futuro come la rottura di quei principi sui quali poggia la nostra convivenza libera e democratica: lunità nazionale, la divisione dei poteri, lo stato di diritto, la rigorosa distinzione tra linteresse pubblico e gli interessi privati.
Al di là della devolution, pericolosa e separatrice, condividiamo lopportunità di una riscrittura di quelle parti della nostra Costituzione che è necessario vengano adeguate alle mutate esigenze dei nuovi tempi.
A questo riguardo osserviamo come le procedure di revisione della Carta costituzionale previste allarticolo 138, siano la strada maestra per la modifica di pochi e circoscritti articoli.
Viceversa, ove la revisione dovesse interessare vaste parti della Costruzione ed una pluralità dei suoi istituti, riteniamo che sia necessario indire una Assemblea costituente. UnAssemblea eletta con il sistema proporzionale che, attraverso uno sforzo comune e in una cornice di unità nazionale, si impegni ad adattare la nostra Costituzione e, conseguentemente, la nostra legge elettorale alle sfide del terzo millennio.
Mario Segni
Luigi Zanda
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