Cooperativa Dante Paci e Ferruccio DellOrto Caduti Partigiani
Associazione Coro Pane e Guerra
con il patrocinio di: ANPI Bergamo, Biblioteca Di Vittorio CGIL Bergamo,
Associazione Circolo Gramsci Bergamo
presentano
DAL CANTO RESISTENZIALE AL CANTO DI PROTESTA
FAUSTO AMODEI a BERGAMO il 22 aprile 2005,
Il padre della musica di protesta e antifascista italiana, l'autore di "Per i morti di Reggio Emilia", "Se non li conoscete", "Partigiani Fratelli Maggiori", "Qualcosa da aspettare", e mille altre canzoni di lotta e di graffiante satira politica. Architetto, deputato in Parlamento per il Partito Comunista, ricercatore, esperto di cultura popolare, traduttore di Brassense di Cocteau. Maestro riconosciuto di Guccini, De André e di un'intera generazione di cantautori. Le sue canzoni sono state cantate da Jannacci, Milva, Ornella Vanoni, Daniele Sepe,
Ed ora autore di un nuovo CD.
http://www.lucaferrari.net/articolo.php?ID=201
http://it.wikipedia.org/wiki/Fausto_Amodei
http://www.onemoreblog.org/archives/009147.html
http://www.lastampa.it/cmstp/rubriche/girata.asp?ID_blog=37&ID_articolo=49&ID_sezione=65
http://www.storia900bivc.it/pagine/cd-terra.html
http://www.pasolini.net/ideologia09.htm
http://www.cantilotta.org/canti/pag0225.htm
http://www.storia900bivc.it/pagine/lovattobi.html
http://www.media68.net/ita/press/press4.htm
sabato 22 aprile 2006 ore 18 alla Sala del Mutuo Soccorso, via Zambonate
GIOVANNI STRANIERO
(nipote di Michele Straniero) presenta il suo libro
"La rivolta in musica, Michele Straniero
e il Cantacronache nella storia della Musica Italiana"
testimonianze di:
Fausto Amodei,
fondatore dei Cantacronache insieme a Michele Straniero
Riccardo Schwamenthal,
ricercatore, musicologo, autore di numerose pubblicazioni
di ricerca con Michele Straniero
Salvo Parigi
presidente ANPI Associazione Nazionale Partigiani, Bergamo
Ornella Ravaglia
segreteria provinciale ANPI di Bergamo
sabato 22 aprile 2006 ore 21 alla Cooperativa Dante Paci Ferruccio Dell'Orto Caduti Partigiani, via Luzzatti 6b, Bergamo
concerto con FAUSTO AMODEI,
che presenta il suo nuovo CD,
Per fortuna cè il cavaliere
e inoltre Sandra Boninelli e Coro Pane & Guerra
ingresso libero per informazioni 035.319316 e 348.5824600
a Torino nasce il "Piazzale Cantacronache"
Il prossimo primo maggio sarà una giornata particolare per noi e per tutti gli amanti della musica e della cultura. L'amministrazione comunale di Rivoli ha infatti deciso di intitolare ai Cantacronache il piazzale-parcheggio prospicente a Maison Musique. Per chi, colpevolissimamente, non lo sapesse, i Cantacronache furono un'esperienza fondamentale per la storia della musica popolare e della cultura italiana: rappresentarono infatti, negli anni '50, il primo momento di rottura con la canzonetta italiana, indirizzando la musica popolare verso tematiche sociali e politiche. E' ormai opinione unanime che la grande tradizione del cantautorato italiano tragga origine dai Cantacronache, di cui fecero parte in pianta stabile Sergio Liberovici, Michele Straniero, Emilio Jona, Fausto Amodei, Giorgio De Maria; e con cui collaborarono assiduamente personaggi quali Franco Fortini, Italo Calvino, Umberto Eco.
Per Michele Straniero, profeta della canzone popolare
di Fausto Amodei
Ci sarebbe da fare un elenco lungo parecchie pagine per ricordare le opere, le iniziative, le attività svolte da Michele Straniero, mancato il 7 dicembre scorso dopo un anno di calvario tra ospedali, istituti di riabilitazione e convalescenziari, cui era stato costretto da un incidente di cui era rimasto vittima, ignaro pedone, per opera di un autista che lo aveva travolto sotto casa: incidente che gli aveva devastato sia il corpo che la mente, interrompendone tragicamente il poliedrico attivismo nei numerosissimi campi in cui, per quasi mezzo secolo, egli ha profuso il proprio impegno culturale. Etnomusicologo con particolare propensione per i repertori di canto politico, ha curato una serie smisurata di dischi e libri sia antologici che saggistici sullargomento, dai "Canti della Resistenza Europea" alle "Canzoni della nuova
Resistenza spagnola" raccolte assieme a Sergio Liberovici in un viaggio semi-clandestino fatto in Spagna nel 1961, pubblicate nel 62 da Einaudi (e nel 63 pubblicato in Francia da Maspero) ai "Cento Canti politici e sociali", quasi un livre de poche per giovani militanti politici forniti di voce e di chitarra, ai "Canti della Grande Guerra", alle canzoni fasciste. Questi repertori li ha raccolti, registrati, trascritti, commentati e spesso eseguiti di persona, in veste di cantante, in parecchi concerti ed anche dischi editi da "Italia Canta",dalla Dng, l "Nuovo Canzoniere Italiano", dalla Fonit Cetra, incorrendo a volte in disavventure giudiziarie per via delle irriverenze e delle invettive che parecchie di queste canzoni riservavano alle autorità costituite. Operatore culturale di primo piano (fu uno dei primi premi Tenco, proprio in qualità di operatore nel campo della cultura musicale), ha fondato riviste come "La musica popolare"che annoverava nel comitato di redazione musicisti e musicologi come Giorgio Gaslini, Sergio Liberovici, Luigi Lombardi-Satriani, Piero Santi. Più recentemente ha collaborato con Franco Lucà alla fondazione, a Torino, del Crel (Centro Regionale Etnografico Linguistico), che sta svolgendo fra laltro - limportantissimo compito di salvare dalloblio e dalla materiale dissoluzione parecchi archivi sonori, mediante la loro masterizzazione e trasporto su supporto digitale (fra gli altri larchivio del Museo Nazionale delle Arti e delle Tradizioni Popolari di Roma).
Si potrebbe continuare elencando i frutti della sua attività di poligrafo, interessato, sempre in tema di cultura popolare, alla ricerca ed alla riflessione su alcuni fenomeni ed argomenti di religiosità popolare, citando libri da lui scritti su Don Bosco, su San Gennaro, sulle madonne di Lourdes, Fatima e Medjugorije, sui valdesi e sui mormoni. Ma lapprofondimento di tutta la vasta messe di libri, dischi, articoli, saggi, poesie che il lavoro di Straniero ci ha lasciato in eredità sarà più correttamente da affidare ad un convegno di studio che sicuramente verrà fra breve, organizzato ed indetto dai numerosi suoi amici ed estimatori.
Da parte mia vorrei in questa sede limitarmi ad una testimonianza sicuramente parziale, che però è più direttamente legata alla concretezza e materialità dei rapporti di collaborazione che mi hanno legato a Michele fin dai tempi dei "Cantacronache" e che sento più importante per chiarire il debito di riconoscenza che ho nei suoi confronti: mi riferisco ai testi scritti da Straniero per canzoni di cui ho composto io la musica.
Fin dallinizio dellesperienza dei "Cantacronache" Straniero fu uno dei "parolieri" di riferimento; Italo Calvino e Franco Fortini sarebbero arrivati più tardi, dopo i primi esperimenti e le prime "realizzazioni" dellaccoppiata Straniero-Liberovici. Io sarei arrivato ancora dopo, spronato dallesempio di questi illustri promotori.
Era per esempio già stata composta la canzone "Lintellettuale" in cui Michele, con una sequenza molto arguta di rime, celiava su un intellettuale contrario allengagement il quale, limitandosi con compiacimento a "parlar male" ed a lanciare frizzi e lazzi e motti sui razzi (così allora erano ancora chiamati i missili con o senza testata atomica), rifiutava le scelte concrete in base al principio che ci vogliono due staffe per cavalcare. La musica apprestata da Liberovici era un ricalco di aria da piano-bar, leggermente swingata, da cantarsi con laffettazione con cui Petrolini avrebbe cantato "Gastone". Icastica era lindicazione della propria strategia da parte dellintellettuale stesso: studio i dialetti, conosco le lingue/ pochi giudizi/ molti indirizzi/ è la ricetta che mi distingue!
Era già stato composto dalla stessa coppia il "Mottetto n.1", strutturato come dialogo tra un immaginario avanguardista (o giovane fascista) un po tonto, ed il suo capo manipolo che lo redarguiva. Lesaltata recluta del regime equivocava, con un meccanismo sicuramente teatrale, addirittura da avanspettacolo, i termini di alcune parole dordine del regime: Meglio un giorno da leone che
ventanni (trentanni, quarantasette anni! No! Centanni) da pecora. Ai Greci spezzeremo
il menisco (il naso, i lobi delle orecchie. No! Le reni). E così ridacchiando. Il ritornello, che simulava linno trionfale della recluta recitava: Senso vietato, svolta, aiuola rotatoria?/ Chi se ne frega!/ Con noi marcia la storia /e tirerem diritto,/ a costo di marciare sul soffitto!
Ed ancora Viva la pace!: una filastrocca di dileggio degli accordi di pace periodicamente stipulati tra i grandi della terra fra un riarmo ed un esperimento nucleare che se, nei contenuti, risentiva sicuramente dellesperienza di alcune canzoni di Boris Vian, nel succedersi di metri diversi e nella densità delle rime ricordava invece il raffinato artigianato di Giuseppe Giusti o di Ragazzoni. Io li credo e benedico/ ma un sospetto, ve lo dico/ mi costerna:/ che la pace tanto pia/ di costoro poi non sia/ quella eterna. La musica di Liberovici era un esile supporto ritmico ed armonico, piacevolissimo a canticchiarsi.
Ma questi erano ancora sketch da cabaret, non vere e proprie canzoni. La prima canzone vera e propria composta da Straniero e Liberovici, la quale si rifaceva con convinzione ad alcuni di quei modelli di canzone "seria" che contribuivano a costituire il Dna del gruppo (Brecht-Weill o Eisler, Georges Brassens, Tucholsky), fu "La ballata del soldato Adeodato", una fiaba antimilitarista, un apologo classico di un povero diavolo, capitato senza volerlo in un mondo di conformismi religiosi e di pseudo valori patriottici ed autoritari, con lunica modesta ambizione di vedere le stelle, il quale, spedito al fronte, impara a sparare e finisce ucciso, senza poter vedere le stelle quellultima notte. Le strofe di Straniero anche in questo caso erano fitte di versi brevi in rima fra di loro (Era nato sfortunato/ di famiglia contadina./
Dalla madre, una beghina,/ fu educato.[
] Lo chiamarono Adeodato/ perché fosse molto pio:/ era il nome dello zio/ del curato) Una particolarità era il ritornello che rinunciava deliberatamente ad una totale chiarezza di enunciati, per permettersi dei significati più nascosti ed allusivi: Amava le stelle, ma non poté vederle che di notte.
La musica di Liberovici consisteva in una melodia che, pur fornita di una certa orecchiabilità, non costituiva però più la citazione fra virgolette di un qualche motivetto di uso corrente, ma nasceva da un deliberato impegno compositivo, di costruzione e di elaborazione anche armonica; rifuggendo però da ogni impressionismo teso a seguire e ribadire il carattere ora sarcastico, ora drammatico del testo, attenendosi invece ad un andamento "epico", come è giusto per ogni autentica ballata.
Il primo testo scritto da Straniero che mi toccò musicare fu "La zolfara". Questo avvenne nel 57. Michele laveva scritto a ricordo di un incidente mortale capitato nella zolfatara di Gessolungo in Sicilia, dove perirono otto minatori. Il testo di Michele dava immediatamente atto del fatto di cronaca, con luoghi e cifre: Otto sono i minatori/ammazzati a Gessolungo. Mancava solo la data. Il poemetto accostava poi al tono cronachistico dellavvìo un tono più fiabesco di ballata da cantastorie, per narrarci come i caduti di Gessolungo, assunti in paradiso, partecipassero ad un lungo corteo con i quattro evangelisti, citati uno per uno, Marco, Matteo, Luca a Giovanni, assieme a tutti gli zolfatari morti sul lavoro negli anni precedenti per giungere in presenza di un Cristo vendicatore che, dopo averli benedetti,
distruggeva la miniera con un fulmine. Il ritornello, reiterato dopo ogni strofa, riproduceva le grida del padrone o del capo cantiere, per accelerare i tempi: Spara prima/la mina!/ Mezzora si guadagna./ Me ne infischio/ se rischio/ se di sangue poi si bagna. Quello che mi colpì del poemetto di Michele fu questa capacità di rappresentare, facendoli parlare direttamente, diversi personaggi della vicenda: il cronista, che potrebbe essere levangelista dei recitativi di un oratorio bachiano, il cantastorie che rievoca i fatti che avvengono nellaldilà, il capo-cantiere (il cattivo) che sprona i minatori a lavorare più in fretta. Il carattere della musica da fornire a questo testo era, ça va sans dire, quello di una ballata popolare meridionale, siculo-calabrese, che garantiva la necessaria epicità, permettendo di comunicare sia discorsi diretti che discorsi indiretti senza modificare lo stereotipo musicale e condiva il tutto col fascino
di quella che parecchi anni dopo sarebbe stata chiamata "musica etnica". Ovvio ricordare che in quegli anni si sapeva già qualcosa, tramite uno storico disco di canti popolari italiani curato da Alan Lomax e Diego Carpitella, della ballata meridionale e dei cantastorie tipo Ciccio Busacca; come pure che Domenico Modugno già cantava alcune delle sue prime canzoni in dialetto.
La canzone successiva di Straniero, che ebbi il compito di mettere in musica, fu "La canzone del popolo algerino". Nella presentazione, che Straniero stesso ne fece, riproponendola in un disco pubblicato anni dopo, scriveva fra laltro: Per la mia generazione, la guerra dAlgeria ha avuto il valore che ebbe per i nostri padri la guerra di Spagna, e per i più giovani quella del Vietnam: ci fece scoprire loppressione e la tortura, ci diede la certezza morale e lentusiasmo di essere dalla parte giusta, ci aiutò a capire la dinamica della storia, fu quella che si dice una "presa di coscienza" che ci aiutò a diventare adulti. Lelemento del testo, che per me ebbe più importanza, e che tesaurizzai anche per le mie successive performances da cantautore, fu il fatto che, anziché risolversi in
uninvettiva contro il colonialismo e contro le sue guerre di oppressione, riusciva a sviluppare delle riflessioni e dei giudizi meditati, allorché ad esempio rivolgendosi con aria dolente al soldato francese, mandato lontano a far la guerra, gli ricorda: Dal tuo paese un giorno, dalla Francia/ venne una luce immensa: / dicevano "Uguaglianza, Fratellanza
"/ Ora fermati e pensa!. Con una canzone cioè era possibile svolgere un discorso anche complesso, non solo elementare e visceralmente sentimentale, un discorso che, a naso avrebbe dovuto essere affidato di norma solo ad un saggio critico o ad un articolo di fondo. Fu un esempio che mi aiutò moltissimo a definire e sviluppare i caratteri e le possibilità della "canzone militante" della "canzone dintervento", con la quale per un bel po di anni a venire mi sarei cimentato. La musica di questa canzone si componeva di due distinte melodie, che si alternavano: la
prima, dolente e da cantare sottovoce, accompagnava la domanda reiterata: Chi ti ha mandato/ soldato,/ col fucile alla mano?/ Chi ti ha mandato/ ragazzo,/ a sparare (ferire, morire) lontano? La seconda invece più concitata ed impetuosa, accompagnava le strofe in cui si chiedeva al ragazzo di rendersi conto della gravità di ciò che era obbligato a compiere, lo si invitava a ribellarsi in nome, appunto, delle nobili tradizioni del suo paese.
Più o meno nello stesso periodo componemmo "Partigiani fratelli maggiori". Nel gruppo era già intervenuto Italo Calvino, che aveva messo in versi un ricordo della sua esperienza partigiana, musicato da Liberovici e diventato una canzone molto amata, "Oltre il ponte". Fu per lallora (siamo nel 1958) singolare esperimento di una canzone nuova dedicata alla Resistenza, che lANPI locale invitò noi Cantacronache a partecipare, con le nostre canzoni, alla celebrazione al Montoso di una celebre battaglia che lassù fu combattuta durante i venti mesi della Resistenza. Con Michele decidemmo di partecipare con una canzone composta appositamente da noi due, che per ragioni anagrafiche alla Resistenza non avevamo preso parte, per affermare la nostra fraternità di "fratelli minori inesperti", rispetto
agli ex-partigiani. Michele, colla ormai sperimentata bravura, aveva concentrato in quattro strofe tutti i concetti essenziali dellidea di base: il richiamo ai partigiani presenti ad ascoltare le nostre parole (lequivalente del prologo di tante ballate e canzoni popolari: "sentite buona gente
", "or se ad ascoltar mi state
"), la constatazione che la memoria delle loro battaglie non era conservata nei libri di storia (a quei tempi Storace non avrebbe avuto da lamentarsi!) ma solo sui volti dei presenti, sui tratti sconvolti dellItalia, e che era pervenuta a noi, "fratelli minori inesperti" come una favola strana ed un avvenimento remoto; infine la dichiarazione di orgoglio per essere chiamati con loro a vegliare la fiamma sui monti e linvito, se un giorno tornasse quellora a chiamare anche noi con loro per i morti che avete lasciato/sulla montagna.
Il testo della canzone non aveva, a differenza di altri testi di Straniero, un intreccio fitto di rime: le rime vere anzi erano poche, distribuite spesso a parecchi versi di distanza luna dallaltra, sostituite sovente da semplici assonanze, ma nel quadro di una struttura metrica rigorosissima: ogni strofa costituita da due quartine, in cui il terzo verso era un quinario e gli altri tre dei decasillabi. Il ritmo musicale che allora adottai era mutuato in modo molto indiretto dal canzoniere partigiano: voleva essere una canzone nuova e lunico elemento di raccordo con questo canzoniere fu quello di rifarsi più allandamento di "Bella ciao" che a quello di "Fischia il vento". La quarta ed ultima strofa della canzone, per accentuarne la perentorietà, andava cantata una terza minore al di sopra del tono delle
strofe precedenti, e questo, se dava alcuni problemi di esecuzione a noi, cantori dilettanti con voci non proprio impostate professionalmente, garantiva però un certo effetto di solennità.
Allinizio degli anni Sessanta la direzione della Fiat offrì il denaro, il metallo ed il lavoro per installare una discutibile statua della Madonna in un punto strategico della collina torinese, sul piazzale antistante il Monte dei Cappuccini. Si discusse se lintervento valesse ad arricchire o deturpare la prospettiva di questo luogo molto amato dal pubblico domenicale. Noi Cantacronache percepimmo però una stonatura di altra natura fra linstallazione di una statua sacra ed il carattere dellimpresa che promuoveva liniziativa. E nacque "La Madonna della Fiat"(Profezia del riflusso, come sottotitolo), una canzonetta fornita di un certo swing, cui Michele aveva fornito un testo tra lo scherzoso ed il sarcastico: E se non vi basta la paga, operai,/ e se vi annoiate o disoccupati,/ venite a Torino, prendete il
tranvai,/la nuova Madonna vi consolerà; A quei sorveglianti, un tempo sì truci/ han fatto dei corsi di fede profonda;/ ormai circonfusi di mistiche luci/ non fanno la spia, non fanno la ronda./ Ma invece, con aria di pii sacrestani/ faran processioni, giungendo le mani./ Venite alla FIAT, la gran cattedrale/ profuma dincenso e di carità. Con un ritornello piuttosto travolgente, che faceva: Una Madonna spider, modello centotrè/ sul Monte dei Cappuccini.
E dire che Straniero da giovane aveva avuto una serissima educazione cattolica, frequentando addirittura un seminario; ma presto allinterno dellAzione Cattolica si era legato ad una pattuglia di "dissidenti" che, usciti polemicamente dallorganizzazione, si erano ritrovati in un gruppo legato alle esperienze di cattolicesimo progressista che venivano soprattutto dalla Francia attorno al pensiero di Mousnier o di Maritain. Devo dire che il confronto con la spregiudicatezza di credente polemico, dubbioso, non integralista, Michele ha dato qualche lezione anche a noi miscredenti che, benché laici e razionalisti, avevamo le nostre carenze in fatto di spregiudicatezza e di anti-integralismo. Nel 63 Straniero pubblicò, curato da Vanni Scheiwiller, un libretto di 36 sue poesie, intitolato "Danza del buffone".
La prima di queste, intitolata nientemeno che "Dio", recitava: Dio è amore,/ e va bene;/ ma lamore/ cosè?l
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