Scrivevo:
Limiterei quindi - nel breve-medio periodo - le nostre energie (che sono limitate) all'ambito no-profit, ambito più legato agli altri temi di RCM (cittadini-associazioni-enti pubblici, come dice Paolo), dove invece vedo delle opportunità.
Ricollegandomi ai messaggi di Paolo Romeo e alle mie risposte, riportati qui da Paolo medesimo (grazie Paolo! :-)), a me pare che la Fondazione abbia oggi due grossi problemi da risolvere. Il primo è di solidità (ha le risorse, soprattutto finanziarie, per consolidarsi ed estendere la sua presenza nella città?), il secondo è di apertura reale nei confronti della città metropolitana.
E in questo senso, io credo, che vada chiesta la collaborazione di soci e di aderenti in genere.
Un ambito di lavoro, ho già scritto, potrebbe essere costituito dalle aziende no-profit. Qui di seguito alcuni cenni su un possibile progetto. Mi auguro che gli esperti di queste cose facciano sentire la loro voce ...
Perché le aziende no-profit?: lo dice Paolo, quando afferma che le aziende no-profit e le onlus sono più in sintonia con lo spirito e le finalità della RCM, pensato e vissuto come un vero e proprio servizio pubblico gestito non dalle Istituzioni ma da una Fondazione di partecipazione. Quando penso al no-profit penso soprattutto alle cooperative di lavoro in genere e in particolare alle cooperative sociali(*). Teniamo inoltre presente che Il fatturato annuo è di 25 mila miliardi, pari all'1,8% del Pil e secondo stime attendibili, il no profit creerà nei prossimi anni almeno 200 mila nuovi posti di lavoro. Le cooperative sociali italiane sono oggi circa 4.250 (di cui 1.985 al Nord, 749 al Sentro, 1.130 al Sud e nelle Isole). I soci complessivi sono circa 128.000, 17.600 le persone svantaggiate inserite, 11.900 i volontari impiegati, 100.000 i lavoratori remunerati. Gli utenti sono circa 480.000. Infine il fatturato aggregato è di 3.000
miliardi, con una media di 900 milioni per cooperativa. Si tratta del più grande fenomeno di creazione di nuove imprese registrato in Italia negli ultimi anni. (dal sito Lavoroggi).
Quale può essere il contenuto del pacchetto-servizi con cui coinvolgere questo tipo di imprese?
Be, a me pare che il modello possa essere il portale per le associazioni sviluppato dalla Fondazione RCM, www.associazioni.milano.it, cui rimando per approfondimenti. Il servizio generalizzato offerto comprenderà quindi (butto lì, è tutto da vedere) il portale, un sistema di posta elettronica, forum pubblici e forum privati (intranet) etc., mentre, per ciascuna impresa, si può pensare alla fornitura di servizi come la progettazione del sito, consulenze organizzative e sulla comunicazione (sul marketing sociale), sviluppo di software specifico, formazione, assistenza, etc. Che cosa possa essere a pagamento e che cosa compreso in un canone generale, è tutto da
vedere. Oltre agli aspetti operativi e gestionali cui ho accennato, il portale sarà di vantaggio alla singola impresa per aggiornamenti sulla legislazione e sulle normative in merito al no-profit, e sulle varie opportunità, sia nazionali che internazionali (qui vanno studiati e previsti dei link specifici, tutti da analizzare). Il portale inoltre si può ben considerare anche come strumento di informazione all'esterno e di diffusione della cultura dellimpresa no-profit, con vantaggi a cascata sulle singole imprese.
Certo, il progetto va affrontato con una chiara visione delle cose da fare e delle risorse che servono. Butto lì dei cenni (da approfondire o da scartare! :-)) su quello che a mio parere richiede il progetto, su alcuni dei suoi elementi fondamentali:
- L'analisi dello scenario delle imprese no-profit in relazione alla loro presenza e crescita sul mercato sociale, alle loro effettive necessità, alla presenza sul "mercato" di offerte di terzi analoghe alla nostra (che cosa potrebbe dare in più la RCM?)
- Lideazione di un pacchetto di servizi in parte gratuito in parte a pagamento da offrire al terzo mercato (vedi sopra)
- Valutazione costi/ricavi
- La ricerca di uno sponsor che finanzi il progetto e/o la ricerca di partnership esterne in grado di collaborare con noi sul progetto medesimo.
- Lo sviluppo del pacchetto-servizi, che potrebbe essere demandato a un gruppo di tecnici, magari presi tra i soci, magari costituiti in cooperativa, nata come iniziativa della Fondazione, come "figliazione" della Fondazione, per la quale la Fondazione stessa mette a disposizione le infrastrutture tecniche (il server, FC e quantaltro, in outsourcing), ricavandone così, via via nel tempo, un po di conquibus (è un po' a vecchia idea della RCM come incubatore d'impresa, chissà se c'è qualcuno che se lo ricorda, erano i primi tempi della ARCM ... :-)).
- Le attività di marketing finalizzate alla raccolta di adesioni (leggi contratti :-)) da parte del ns target (le imprese no-profit): si può partire con una presentazione del progetto, preparata assieme allo sponsor, cui invitare, con gli strumenti di comunicazione più opportuni (abbiamo fior fiore di esperti di comunicazione in RCM!), il maggior numero di imprese no-profit possibile, il che implica trovare i nominativi, immagino che data base del genere in giro per Internet si trovino
. Comunque, gratis o a pagamento, questi nomi bisogna averli, altrimenti meglio non cominciare neppure
- Prevedere, come secondo step dei servizi da offrire, a medio termine, anche un coinvolgimento/collegamento con una banca etica
su questo però lascio la parola a che ne sa più di me, ne so poco o nulla di banche, figurarsi di banche etiche! :-))
- ....
Direi che per adesso mi fermo qui. E chiaro che un progetto del genere richiede la volontà della Direzione della Fondazione a intraprenderlo. Quindi a rischiare. Penso anche che in RCM si possano trovare molte competenze per portarlo avanti, e questo sarebbe oltrettutto un modo per far partecipare davvero i soci partecipanti alla vita della Fondazione, in maniera concreta, e con un occhio anche allaspetto lavorativo. Sarebbe quindi opportuno che chi ha idee, o chi ha contatti con organizzazioni che potrebbero fare da sponsor, si faccia avanti.
Ragionando a voce alta, si potrebbe magari pensare di presentare il progetto alle imprese no-profit, articolandolo in modo tale (in modo così appealing, voglio dire) che eventualmente siano le stesse imprese, nel loro complesso, a voler sponsorizzare il progetto
Vabbe, mi fermo davvero, sennò parto per la tangente. Passo la parola.
:-)
Saluti
Sandro
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(*) La Legge 381/1991 "ha istituito le categorie delle cooperative sociali individuando nella società cooperativa lo strumento idoneo per il perseguimento di attività sociali e della promozione umana, da realizzare attraverso la gestione dei servizi socio - sanitari, educativi e di attività produttiva, nella quale permettere l'integrazione lavorativa di persone socialmente svantaggiate".
Le cooperative sociali si dividono in due categorie:
· Cooperative sociali di tipo A: offrono servizi socio - sanitari ed educativi,
· Cooperative sociali di tipo B: offrono, attraverso le proprie attività, l'inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati.
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