L'AUTOMOBILE, REALTÀ INDUSTRIALE E MITO DI MASSA

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La rapida affermazione dell'industria dell'automobile, agli inizi del nostro secolo, è un segnale significativo del mutamento avvenuto nel tessuto produttivo del nostro paese.

Pur essendo un settore industriale nuovo si compresero immediatamente le possibilità e potenzialità "rivoluzionarie" del settore.

"Le grandi possibilità di sviluppo che cinquant'anni prima, all'esordio delle ferrovie, erano sfuggite all'industria meccanica italiana non furono più perse all'inizio del secolo quando esse si ripresentarono sotto altra forma, con l'avvento dell'automobile e la diffusione dei nuovi mezzi di trasporto.

In questo settore ci si mosse per tempo, nello stesso periodo in cui il fenomeno prendeva consistenza nei paesi più progrediti, e soprattutto con un grado di intraprendenza e fantasia, di sensibilità alle più moderne tendenze del progresso di vantaggio sulla concorrenza europea pur ampia e agguerrita".[1]

Nel 1899 vengono fondate ben 11 società in Italia, tra le quali la FIAT, e nel giro di sei anni, tra il 1900 ed il 1906, erano già diventate circa 80 di cui 20 nella sola Lombardia.

A Milano nel 1903 era stata fondata, in via Monte Rosa, la Fabbrica Automobili Isotta Fraschini che occupava nel 1905 400 operai.

Sempre in quell'anno anche la Edoardo Bianchi, che fabbricava biciclette, iniziò la produzione di autoveicoli a Milano.

Naturalmente numerose erano le rappresentanze in Italia di case automobilistiche straniere, particolarmente francesi e tedesche, "almeno 12 ditte francesi, 4 tedesche ed una americana avevano rappresentanti diretti in Italia tra il 1901 ed il 1902".[2]

Anche questo dato è significativo sulle aspettative di lauti guadagni che la nuova industria avrebbe dovuto dare a coloro che rischiano i loro capitali, il mercato italiano era particolarmente allettante ed il tardivo sviluppo che aveva caratterizzato il nostro paese spiega agevolmente il largo concorso di uomini e capitali stranieri.

L'industria dell'automobile aveva già agli inizi del 1900 un paese leader , la Francia, dove nel 1903 si costruiscono circa il 60% di tutte le automobili fabbricate nel mondo, ed una di queste, la Darracq, decise nel 1906 di intervenire massicciamente nel mercato italiano.

Alessandro Darracq, fondatore dell'omonima fabbrica, cominciò la propria attività industriale producendo biciclette fondando nel 1891 la fabbrica di velocipedi Gla diator, "poi, dopo una rapida esperienza nel campo delle biciclette a motore, decise che avrebbe potuto fare la propria fortuna comperando il brevetto della nuova vettura a quattro ruote con trasmissione a cinghia di Leon Bollée che montava un motore orizzontale di 5 HP raffreddato ad aria".[3]

Nel 1897 a Surenes, in Francia, la fabbrica di automobili da turismo di Darracq produceva oltre 1.000 unità annue, cifra veramente consistente per allora, e già alcune di esse si cimentavano in campo sportivo giungendo a significativi risultati.

Fin dalle origini l'industria dell'automobile ha guardato alle gare sportive come ad un fondamentale strumento promozionale per le vendite.

E quanto questo mito fosse diffuso ce lo confermano queste parole di Umberto Boccioni scritte nell'autunno del 1907 sul proprio diario: "mi sembrava di vedere gli eroi nuovi! Sarà vero? Cero che in quelle corse meravigliosamente fantastiche c'era l'idealità eterna della conquista.

Ho visto d'Annunzio con automobili, signore e signori. Tutti lo guardavano e seguivano ammirando.

Egli passava sorridendo tra gli sguardi della folla. ... Spettri sembrava gli automobilisti investiti dalla violenza della corsa e fuggenti fulminei tra gli applausi degli spettatori. Mi hanno fatto l'impressione di una immobilità spaventosa dietro gli occhialoni neri e sotto le ampie vesti rigonfie dal vento".

L'automobile diventa fin dalle origini mito collettivo, in questo caso mito futurista, ed il possederla era privilegio ambito per ristrettissime élites.



[1] V. Castronovo "L'industria italiana dall'ottocento ad oggi" 1980

[2]in G. Canestrini "Storia dell'Alfa Romeo" 1943

[3] Hull e Slater "La storia dell'Alfa Romeo" 1970