IL FANTASMA DEL PARTITO RIFORMISTA
Sen. Fiorello Cortiana ( Verdi-l'Ulivo )
La proposta di Prodi della lista unica dell'Ulivo ha messo in luce, come subordinata, un'ipotesi di tutt'altro segno e prospettiva: l'ipotesi del Partito Riformista, già abbozzata nei termini dell'"Ulivo piccolo" è gravida di pericoli e di possibilità, nell'incerto e asfittico bipolarismo italiano.
Pensare di relegare le espressioni politiche più radicali in un ambito di marginalità costringendole alla divisione tra riformisti ed antagonisti, può forse confortare qualcuno sulla perdurante rendita elettorale mentre apre sicuramente la strada all'equazione tra i conflitti sociali e le questioni di ordine pubblico.
C'è una inerzia prepotente del modello di sviluppo che per tutta la prima repubblica, in forma consociativa, ha risolto i conflitti sociali e politici con gli intrecci tra partecipazioni statali, spesa pubblica illimitata e corruzione diffusa. Il "fenomeno Berlusconi" prima che causa del dissesto istituzionale e sociale costituisce il prodotto della crisi di cultura politica e di partecipazione dei partiti dell'arco costituzionale responsabili di quel modello.
L'ipotesi di Prodi nel'96, di Alleanza per il Governo come incontro sul piano programmatico tra le famiglie democratiche storiche e più recenti nasceva da questa consapevole lettura, che era emersa dopo le elezioni del '94. La desistenza prima e le manovre ambiziose di leader che si sentivano in discussione dopo, non basterebbero a giustificare che il centrosinistra in cinque anni, a parte lo straordinario risanamento attuato con la concertazione, non ha saputo declinare un nuovo modello di sviluppo nel quale la questione dell'innovazione e dell'orizzonte politico europeo sapessero coniugarsi con la qualità sociale, la qualità ambientale e la qualità dell'informazione/comunicazione.
Con questi precedenti un fantasma si delinea di fronte a noi, a partire dalla banale considerazione che l'eventuale partito riformista italiano non disporrebbe di autosufficienza elettorale: ciò che ad oggi si è a volte materializzata come una rassicurante sponda per l'UDC e le sue insofferenze si può configurare in futuro come un'organica alleanza centrista. Non mancheranno le giustificazioni dell'emergenza istituzionale, economica e sociale, che il Polo produce quotidianamente, il tutto godrebbe di una grande continuità con i primi quarant'anni della Repubblica e del sostegno dei poteri che in questa si sono formati ed ingrassati. E' questo il riformismo? Può consistere nella sola mitigazione del liberismo attento a non disturbare tutte le rendite di posizione prodotte nella storia della Repubblica? Per altro è altrettanto evidente l'inefficacia politica del relazionarsi ai conflitti senza farsi carico di proposte di governo praticabili e
quindi capaci di rispondere alle ragioni che li generano.
Questo scenario non è ineluttabile, con buona pace di chi ha pensato di ridurre l'emersione di una cittadinanza planetaria e le sue istanze ad una questione italiana, di partito e personale risolta con una candidatura a sindaco.
Le riforme occorrono, in particolare dopo quelle attuate dal Polo, la possibilità che non restino nominali e che consentano alla politica pubblica di riferirsi ad interessi generali, risiede nella capacità di chi esprime radicalità politica di non farsi emarginare bensì di attraversare in modo plurale tutti i partiti della possibile coalizione democratica. Ciò richiede luoghi aperti e partecipati di ascolto e confronto sui diversi temi programmatici per un altro governo.
Chi può iniziare questo processo rompendo uno stallo al quale si affacciano fantasmi inquietanti?
Nella sfera istituzionale, coloro che eletti in varie forze politiche hanno condiviso in questi anni un approccio comune dalla guerra agli OGM, dalla scuola alla brevettabilità del software, dall'alienazione di una politica per l'ambiente ai diritti e alla dignità di tutti i lavoratori. Non si tratta di pensare ad una nuova formazione politica, al contrario si tratta di riportare con forza il confronto nel centrosinistra sulle questioni di merito. E' una questione nobilmente politica di competizione e cooperazione che deve riguardare tutta la coalizione e la partecipazione sociale: l'esito ci dirà se un'alternativa al governo del Polo si darà per disperazione, nuova consociazione o, piuttosto, per l'investimento elettorale in una alleanza credibile perché capace di avviare le riforme di qualità.
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