E Prodi rompe gli indugi
"La parola torni agli elettori"
Il Professore accelera: "Ormai è tutto un ambaradan"
Il via libera ieri alla fine del vertice dei leader dell´opposizione
Messaggio a Pisanu: "Il ministro garantisca la possibilità del voto"
"Non vorrei che si continuasse questo balletto per arrivare fino all´estate"
"Non è escluso che il premier si comporti cosi per paura di andare alle urne"
MARCO MAROZZI
da Repubblica - 20 aprile 2005
ROMA - Elezioni anticipate. «Nel più breve tempo possibile». A giugno. E´ una bomba annunciata quella che Romano Prodi lancia alle quattro del pomeriggio. Ha appena riunito i leader dei partiti dell´Unione, i capigruppo parlamentari, i presidenti delle regioni di centrosinistra. Sceglie lo scontro duro, annulla pure il viaggio già fissato in Cina: da oggi e per dieci giorni, impossibile.
«La parola a questo punto deve tornare agli elettori», va a dire alla stampa nel suo quartier generale di piazza Santi Apostoli. La richiesta arriva alla fine di un ragionamento in cui ci stanno i guai economici, i conti pubblici allo sfascio - «per indagare abbiamo pensato ad una commissione di esperti indipendenti presieduta dal professor Riccardo Fabi» - il «12 a 2» elettorale e soprattutto l´atteggiamento «incomprensibile ed incredibile di questo governo». Conclusione: «Nel Polo è tutto un ambaradan. Per rispetto degli italiani non possiamo andare avanti così».
Volto tirato, abito scuro, movenze da premier in pectore, fa subito partire un messaggio verso il Viminale: «Chiediamo con forza al ministro dell´Interno di assumersi tutte le sue responsabilità per garantire la possibilità del voto». Giuseppe Pisanu poco dopo comunica di essere pronto per le urne a giugno, incontra Piero Fassino e ne incassa il sì a sostenere il provvedimento.
Prodi sa benissimo che l´ultima parola spetta a Berlusconi e alla sua coalizione. «Quando avremo l´onore di sapere quali sono le decisioni della maggioranza...». Ma martella sulle convulsioni del centrodestra «O si risolve subito o bisogna andare alle elezioni». E di nuovo invia un messaggio tanto chiaro quanto duro ai palazzi che devono decidere. «Non vorrei che si continuasse con questo balletto fino ad arrivare al momento in cui poi le elezioni non sono più possibili prima del periodo estivo».
Significa una decisione entro i primi di maggio. Teme che Berlusconi la tiri in lungo per far scadere i tempi delle urne? «Non è escluso si comporti così per paura del voto. - risponde infilandosi nel treno per Bologna - Stanno succedendo cose incomprensibili, di cui bisogna analizzare bene i motivi». «Noi abbiamo detto a lungo - spiega - che non volevamo elezioni anticipate. Non ultimatum: un governo che governi. Invece assistiamo a un degrado continuo, con rischi immensi per tutto il Paese. Di fronte a questa mancanza di garanzie, siamo stati costretti ad accelerare. E´ la situazione ad imporlo. O decisioni subito o si vada alle urne».
Le scelte definitive sono maturate in lunedì sera passato con i più stretti collaboratori in Santi Apostoli. Fini, Berlusconi, Follini, parole dette e negate. Correvano informazioni e telefonate. «Qui ci manca solo il povero Vittorio Orefice, l´unico che riusciva a spiegare le più strane manovre della Prima Repubblica». Cena a panini, vassoi dai bar. «Non hanno la fiducia degli italiani e non sanno nemmeno come comportarsi. Così non può durare». Concetto scodellato poi al vertice degli alleati. Partendo sempre dalla vittoria, dai suoni di fanfara per scendere ai rulli di tamburi.
Fassino, Pecoraro Scanio, Diliberto, Di Pietro, Boselli, pure Mastella convengono decisi: «Elezioni anticipate». Rutelli e Bertinotti sono più defilati, per diversi motivi elettorali. Ma non contrari. Le scintille piuttosto sono fra Fassino e il presidente della Margherita sullo scontro Cacciari-Casson a Venezia. «Hai esagerato con certe tue letture della vittoria di Cacciari», dice il segretario ds, amareggiato del vantarsi dell´altro di aver «vinto contro tutti». Rutelli abbozza una spiegazione, Fassino lo stoppa: «Poi, se vuoi, ti do le mie di letture». Prodi, ormai nel ruolo del capo, fa il paciere: «Nessun leader è andato a schierarsi a Venezia. Lo scontro è fra due personalità entrambe molto forti, ma racchiuso in una città».
No, si parla solo di governo. E tutti credono ancora che i ministri di An si siano dimessi. Quando arriva la notizia che sono solo congelati, l´esplosione è unanime: «Basta». «E´ stato Berlusconi - va a dire Prodi ai giornalisti - a tramutare le elezioni in un referendum su di lui e la sua maggioranza. Ha avuto la risposta dalla maggioranza degli italiani».
Il leader: accelerazione imposta dal senso di responsabilità. È come se il Cavaliere avesse paura di anticipare le Politiche
LUnione compatta: si vada alle urne
Prodi: basta trucchi, lItalia non può stare un anno allo sbando. E rinvia il viaggio in Cina
dal Corriere - 20 aprile 2005
ROMA - Al voto, «unica strada per una crisi senza fine». Al voto, «basta trucchi», «finiamola con questo balletto». Elezioni in giugno: sì, lUnione «è pronta», Romano Prodi le chiede ufficialmente e annulla il viaggio in Cina «perché potrebbero esserci le consultazioni». Gli alleati sono con lui. A costo di mandare allaria lagenda del centrosinistra, far saltare piani e tabelle di marcia, dover accelerare i tempi di amalgama della coalizione. È finito il tempo delle prudenze, dei profili più o meno istituzionali, dei tatticismi da lavagna: lItalia «non può permettersi di vivere allo sbando per un anno», Berlusconi e i suoi «non rappresentano più la maggioranza del Paese» e nemmeno sono in grado di mettere in piedi «un governo che governi». Eppoi cè l«emergenza» economica e dei conti pubblici, «un deficit che rischia di arrivare al 6%». Per non parlare dei colpi di teatro berlusconiani, «di questo gioco di dimissioni presentate e mai date», riti daltri tempi, «ripicche e
agguati», insomma, «è il caos, nel Polo cè un ambaradan». È come se «il premier cercasse in questa fase di guadagnare tempo, come se avesse paura delle elezioni».
Alle 4 del pomeriggio, dopo aver passato la notte a pensarci sopra e la mattina a discuterne con gli alleati dellUnione e pure con i 12 «governatori» freschi di elezione, Romano Prodi spazza via le ultime briciole dal tavolo del centrosinistra: «È meglio che la parola passi agli elettori». Quindi un invito ufficiale al Viminale «a garantire la possibilità del voto». E infine un messaggio al proprio elettorato: «Nessun timore, il programma sarà pronto al momento giusto, ci stiamo lavorando da mesi».
Il dado è tratto. Tutti daccordo. Da Mastella, il più riluttante. A Bertinotti: «Vediamo cosa succede in Parlamento». Che poi i toni del presidente dellUnione non siano affatto quelli del trionfatore, di chi ha ottenuto ciò che agognava, è scontato. Il percorso immaginato in questi mesi da Prodi era diverso. «Il mio schema prevedeva elezioni lanno prossimo, ma qui succedono cose che noi non abbiamo provocato, che stiamo subendo...» ammette mentre sale sul primo Eurostar per Bologna, destinazione piazza Maggiore, dove lo attendono in migliaia per festeggiare il 12 a 2 delle Regionali, «una vittoria che non ammette repliche», anche se ormai sembra passato un secolo. Non è un mistero che, fosse stato per lex presidente Ue, lavrebbe fatto cuocere a fuoco lento il Berlusconi di questi tempi. «Non abbiamo mai spinto per il voto anticipato, e nemmeno adesso per la verità poniamo ultimatum, ma
di fronte al degrado di queste ore non potevamo fare altro: il senso di responsabilità ci impone questa accelerazione».
Cè anche altro, naturalmente. E Prodi lo fa capire chiaramente quando, parlando dei possibili tempi elettorali, afferma: «Non vorrei che questo balletto continuasse fino al momento in cui il voto non sarà più possibile per il sopraggiungere del periodo estivo». Con il rischio, a quel punto, di un governo istituzionale, presieduto da chissà chi: un governo che alimenti strane suggestioni centriste, alla faccia del bipolarismo, della chiarezza. No, arrivati a questo punto, non ci sono altre scorciatoie. E non solo perché, parole di Prodi, «è stato Berlusconi a trasformare il voto delle Regionali in un referendum sul suo nome e la sua maggioranza, con il risultato che ora è a tutti evidente». Ma anche perché il Paese non potrebbe sopportare ancora a lungo una situazione di questo genere. In attesa di ottenere risposte dal centrodestra sullipotesi di uno sforzo comune per risanare i conti, Prodi e alleati hanno
deciso di affidare lanalisi della finanza pubblica a «una commissione di esperti indipendenti». Sono state gettate anche le basi per una rete tra i governatori del Sud. Il resto è attesa, calcoli, elmetti pronti.
Francesco Alberti
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