In una intervista esclusiva per Mosaico di pace di aprile, lonorevole Tina Anselmi racconta la resistenza.
La racconta da donna, rievocando la passione ideale e i ricordi terribili di umiliazioni, di torture, di sevizie cui sono state sottoposte molte donne.
Da credente, costretta a sfidare la morte per sopravvivere.
Da politica, convinta che la lotta politica può essere solo nonviolenta.
Una resistenza da difendere strenuamente dal tentativo di privarla del suo legittimo significato e di deformare la storia: Quello che preoccupa o, almeno, mi preoccupa in questo momento è il tentativo di ridefinire la storia senza voler dare autenticità ai fatti. Studiamo bene la storia, ridiscutiamola pure, ma senza demolire quello che attraverso la Resistenza è accaduto.
E il riferimento più immediato è alla proposta di equiparazione giuridica tra combattenti della Repubblica Sociale e partigiani. Una proposta da bocciare.
E, alla vigilia del 25 Aprile, la Anselmi ci ricorda anche di non toccare la Costituzione: Oggi si vive con molta superficialità questo tentativo di modificare la Costituzione. Si sono mossi velocemente e confusamente, come se le modifiche fossero cosa dovuta, per rimettere tutto in discussione, per svilire le istituzioni democratiche. Cè da piangere! Quando penso a cosa hanno pagato i partigiani! Tanti giovani! Alle speranze e alle possibilità di costruire un Paese democratico! Non dico che oggi non ci siano possibilità. È possibile camminare. Però nellinsieme cè da aver paura.
Resiste la resistenza
Celebrare la resistenza significa oggi rovesciarne il significato.
Stabilire equivalenze infedeli. E infondate.
Necessarie però a giustificare il superamento dei valori su cui si regge la nostra Costituzione.
Come vacilla la nostra democrazia nelle parole di Tina Anselmi.
Sergio Paronetto
Una grande donna. Maestra di politica e di vita civile. Ho letto tutti i volumi della Commissione parlamentare dinchiesta sulla loggia massonica P2, da lei presieduta e conclusa con sapienza democratica nei primi anni Ottanta.
È stata ed è un personaggio scomodo. Ancora oggetto di insulti da parte di avversari potenti. Nel diffamante ritratto, apparso sul terzo volume di Italiane, pubblicato a cura della Presidenza del Consiglio e distribuito gratuitamente nelle edicole un anno fa, veniva descritta non solo come moralista giacobina o improbabile guerriera animata da furbizia contadina, ma anche come modello della futura demonologia politica nazionale, distruttiva e futile. Insomma, un diavolo. La sua replica era stata lapidaria: Ancor oggi non mi perdonano e mi attaccano per un motivo semplice e tragico: la P2 non è mai scomparsa (Il Gazzettino, 4.5.2004).
Il suo studio a Castelfranco Veneto è pieno di libri, di quadri e di foto. Tra questultime spiccano quelle con i suoi sei nipoti e col Papa. Si muove lenta ma decisa. La sua voce è un filo esile ma determinato. Con una mitezza forte. La mano sulla poltrona si muove quasi voglia incidere le parole sul foglio immaginario del nostro colloquio.
Onorevole Anselmi, cosa vuol dire oggi celebrare il 25 aprile? Cosa pensa, ad esempio, delle proposte di equiparazione giuridica tra combattenti della Repubblica Sociale e partigiani?
Dobbiamo riflettere su cosa vogliamo introdurre in questa che chiamiamo celebrazione. Nel nostro Paese ci sono sintomi poco incoraggianti. Alcuni ritornano alla Resistenza non per approfondirne le ragioni ma, purtroppo, per rimetterne in discussione la legittimità. Che cosa vogliamo introdurre in questa ricorrenza? Vogliamo seppellirne le ragioni? Qualcuno cerca di rileggere la storia non riportando alla verità i fatti (indiscutibili).
in allegato troverete l'intervista completa, oppure potete accedere al sito: http://italy.peacelink.org/mosaico/articles/art_10484.html |