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  Tuesday 6 May 2008 10:04:15  
From:
Alessandro Rizzo   Alessandro Rizzo
"redazione" <redazione@welfarenetwork.it>   "redazione" <redazione@welfarenetwork.it>
 
Subject:

Fwd: Ripartire dal PD, riformare la politica

 
To:
Partito Democratico   Partito Democratico
l'Ulivo di Milano   l'Ulivo di Milano
 
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----- Messaggio Originale -----

               martedì 29 aprile 2008 23.28.58
Messaggio
Da:            "redazione" <redazione@welfarenetwork.it>
Oggetto:        Ripartire dal PD, riformare la politica
A:             <"Undisclosed-Recipient:;"@mx5b.aemcom.net>
Allegati:              Attach0.html          10K

Ripartire dal PD, riformare la politica (di Deo Fogliazza)
da www.welfareitalia.it
 
No, non ci sono davvero alternative alla strada intrapresa. Il PD non si tocca. E nemmeno la sua leadership.
Quale alternativa al PD?
Tornare all'ipotesi dell'Unione? Senza la rappresentanza della sinistra arcobaleno in Parlamento?
Sarebbe una scelta sciagurata.
Quale alternativa a Veltroni?
Rifacciamo le primarie per il leader? E su quali candidature contrapposte? E su quali linee alternative?
Sarebbe una scelta senza futuro.
No. Occorre tornare alle origini del PD. Da lì potrà avvenire la nostra ripartenza.


Rifoma della politica

E' stata una parola d'ordine mobilitante, che ha smosso, che ha infuso entusiasmo.
Riforma della politica. Aprire porte e finestre. Ripartire da regole precise, rispettate e fatte rispettare.
Ed all'interno di esse, parlare dei problemi della gente, traguardandoli ai problemi del Paese, all'orizzonte del futuro dell'Italia in Europa, e dell'Europa nel mondo.
Siamo riusciti a farlo? Solo parzialmente, molto parzialmente. Indotti - a parziale, molto parziale giustificazione - dalla formidabile accelerazione che ha assunto lo scenario della politica: accelerazione da noi stessi giustamente provocata.
Ma a metà strada abbiamo avuto il "braccino corto". Non siamo andati oltre. Ci siamo spaventati.
Ed allora, una volta entusiasmati più di 3 milioni e mezzo di persone, ci siamo detti: il più é fatto. Ora c'é un leader carismatico. Ora possiamo giocarcela.
E ce ne siamo convinti. E così abbiamo accondisceso, ci siamo accontentati di un cambiamento parziale.
Ci siamo accontentati del dito, ed invece dovevamo prenderci tutto il braccio.
Certo, non c'era il tempo. Forse.
E dunque abbiamo costruito un partito attorno al leader, ma senza affondare la lama, senza davvero "fare il bagno in Arno", passare al vaglio della democrazia, selezionare i gruppi dirigenti - come avremmo dovuto - secondo il merito, secondo la capacità di lavoro, secondo la capacità di entusiasmo, di trascinamento. E secondo la capacità di rappresentare davvero il nuovo di cui l'Italia ha bisogno.
Ma da qui occorre ripartire.

Abbiamo detto "Occorre radicarci nei territori, parlare il linguaggio dei territori, della gente".

Ci abbiamo tentato. Ma non era facile.
Se dai territori sei stato lontano tanto, troppo tempo, non é che dichiarando l'esigenza, la risolvi. Ti avvicini, forse. Ma non la risolvi.
E dei problemi della gente vera puoi parlare se li conosci. E li conosci se quei problemi sono anche i problemi dei tuoi aderenti, dei tuoi militanti. E se il tuo partito é strutturato in modo tale che le sue pareti, le sue stanze, i suoi gruppi dirigenti non siano impermeabili ai problemi dei suoi aderenti, dei suoi militanti e, dunque, ai problemi della gente.

Abbiamo detto "In Italia occorre premiare il merito". Ed occorre premiare il rischio.
E la parola d'ordine é giusta, sacrosanta. La gente é d'accordo. Ma poi, allora, devi essere conseguente. Devi far capire, far vedere che tu per primo valuti il merito. Al tuo interno. Nel costruire la tua classe dirigente. E premi chi lo merita. E nel decidere del merito rifuggi dalla cooptazione, e ti dai strumenti di selezione oggettiva, ti rimetti alla selezione democratica del tuo gruppo dirigente operata dalla tua gente, dai cittadini che guardano a te con simpatia. E sai selezionare la tua classe dirigente attraverso il "rischio" della battaglia delle idee sostenuta in maniera aperta e senza rete.

Abbiamo detto "Occorre rinnovare".
Ed é giusto. Sacrosanto. Ma chi decide cos'é il nuovo e cos'é il vecchio? Il gruppo dirigente? E quale?
E può essere forse solo una questione anagrafica? Si, anche! Ma non solo!
Il nuovo sta soprattutto nel metodo che ti dai.
Nel metodo di confronto, che deve essere libero, consapevole, aperto.
E nel metodo della valutazione, della discussione, della decisione.
Non c'é altro metodo se non quello democratico. Aperto, condiviso.
Non ne esiste un altro, soprattutto se quello che stai costruendo é davvero un partito nuovo.
Soprattutto se stai costruendo non soltanto "il" Partito Democratico, ma anche "un" partito democratico.

Da qui si deve ripartire.
Dal partito che c'é, per continuare a lavorarci, a plasmarlo, a farlo crescere, a farlo diventare il partito che sarà.
Abbiamo in pista il segretario nazionale ed i segretari regionali. Abbiamo in pista segretari provinciali, cittadini, portavoce dei Circoli. Abbiamo uno Statuto chiaro, lineare, preciso.
Da qui si riparte.

I prossimi passaggi sono i capigruppo alla Camera ed al Senato? Bene. Ci sia discussione aperta, si confrontino idee e leadership. E chi ne ha il mandato, voti e scelga. E chiunque risulterà eletto, venga attorniato da un gruppo ristretto di "new entry". Forze giovani, fresche: li si butti in acqua, li si faccia nuotare. Impareranno!

Si dovrà fare il "governo ombra"? Benissimo. Si faccia leva su capacità comprovate, si mettano in campo - soprattutto nei "ministeri" chiave - esperienze vere, capaci. Ma anche qui, li si affianchi con forze fresche, nuove. E si tampini il governo della destra. Senza sconti. Senza respiro. In maniera puntuale e puntigliosa. Che il nostro si sia si, ed il nostro no sia no.

E si comincino a mandare in TV volti nuovi. Volti non ancora triturati dal mangiasassi del teatrino televisivo.

Non per forza giovani.... ché conosco giovani ancor più vecchi dei più vecchio dei vecchi.

Ma volti nuovi, e capaci, e grintosi, e che sappiano tener botta. Informati, senza timidezze, aggressivi quanto basta, incalzanti.

E si tengano ben stretti i rapporti con i territori. I parlamentari non mettano in conto che il week end é sacrosanto. Se a Roma si lavora dal martedì al giovedì, gli altri giorni si sta nei collegi, si va sui mercati, si incontrano i cittadini, le categorie, le associazioni. E si da una mano a far crescere il Partito ed a far maturare i suoi gruppi dirigenti locali.

E si prepari da subito il regolamento attuativo delle primarie per le prossime elezioni amministrative. Subito. Perché ha da essere pronto per la ripresa dopo l'estate. Perché le primarie o le fai prima di Natale 2008 o non le fai. E non si dica mai più: sarebbe bello, ma non c'é tempo!

C'é bisogno di un Regolamento semplice, preciso, che metta a fuoco quelle poche, circostanziate regole che assicurino per davvero pari opportunità per tutti e che servono per fare delle primarie una cosa seria, serissima. E vera.

E poi lo si dica ai quattro venti. Lo si ripeta sempre, in ogni occasione, pedissequamente, a costo di annoiare: "Noi i candidati li scegliamo così, in maniera aperta e democratica. Con noi c'é spazio per chi ha idee, motivazioni. Per chi ama la sua città, il suo territorio. Per chi é disposto a rischiare se stesso per la sua città. Per chi é convinto di meritare l'onore di candidarsi come Sindaco, o come Consigliere, o come Presidente".

Lanciamo una grande campagna per le primarie in tutta Italia. Ed andiamo a dirlo in ogni quartiere, in ogni villaggio. Chiamando a raccolta, a misurarsi, e mettersi in gioco chiunque voglia farlo. Solo una grande leva, di nuovi e vecchi amministratori, passati dalla verifica democratica, dal setaccio del giudizio popolare, potrà farci riconoscere, potrà far capire alla gran parte degli italiani che c'é qualcosa di nuovo oggi, in Italia, anzi d'antico.

Questa sarà la nostra identità. Un'idea democratica della democrazia e della politica per la quale vale la pena ancora spendersi e lottare.

deo fogliazza
info@deofogliazza.it


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