Scheda sul saggio Notizie dalla Shoah e sulla sua autrice Sara Fantini:
http://www.pendragon.it/libri/Studi_e_ricerche/libro-530.html
Scheda sul saggio Ricomporre l'infranto di David Meghnagi:
http://www.marsilioeditori.it/schedalibro.htm?cdart=8679-2
Fonte: UCEI
http://www.ucei.it/uceinforma/rassegnastampa/2005/settembre/repubblica/270905_1.asp
da La Repubblica, (Bologna), 27/09/2005
Italiani, cattiva gente: ecco la verità. Un libro della studiosa bolognese Sara Fantini rilancia l´accusa
Quella Shoah dimenticata dai giornali del dopoguerra
di FERNANDO PELLERANO
Rimuovere il passato, edulcorare gli errori, alimentare il mito del buon italiano´ e guardare al futuro ripartendo anzitutto dalla Resistenza. Così erano l´Italia e la sua stampa, tornata libera dopo il ventennio fascista, nell´immediato dopoguerra. Fu così che, nel 1945, i giornali italiani parlarono poco, o pochissimo della Shoa, creando quello che il sociologo Zigmunt Bauman definisce uno stato eteronomico´.
Proprio su questo tema indaga il libro scritto da Sara Fantini, «Notizie dalla Shoah». Edito da Pendragon, verrà presentato oggi alle 18.30 in Sala Farnese, insieme a «Ricomporre l´infranto» di David Meghnagi, edizioni Marsilio. Introdurrà l´incontro Liliana Segre, bambina ad Auschwitz nel 44 e oggi fra le ultime testimoni dell´Olocausto.
Venticinque anni, bolognese, laureatasi a marzo in Scienze della Comunicazione, Sara Fantini deve molto a un´adolescenza trascorsa a legger libri sull´Olocausto. «Ho cominciato alle medie con «Se questo è un uomo», ma dopo quella volta a scuola non ne parlammo più, neppure al Galvani». Così, ha analizzato i numeri d´una quindicina di testate italiane usciti nel ´45: fra questi, quelle politiche e l´Osservatore Romano. La sua tesi di laurea, ora pubblicata, è diventata un testo che conferma le idee dei maggiori studiosi dell´argomento: l´Italia preferì tacere l´evento del genocidio, rendendosi così ir-responsabile, poiché «chi è senza memoria è senza identità e chi è senza identità è ir-responsabile».
Quel senso comune italico s´è trascinato fino ad oggi, diffondendo la vulgata di comodo che «dopotutto Mussolini non fu poi così cattivo e firmò leggi razziali solo per ragioni d´opportunità politica o perché costretto dall´alleato tedesco». Così come fa comodo pensare che gli italiani (fascisti e repubblichini) non parteciparono alle retate di ebrei e dunque non erano poi così razzisti. Grande bugia.
«Un buonismo ingiustificato - dice Fantini -, non bisogna essere né buoni né cattivi con se stessi, ma ammettere quello che è stato ed elaborarlo. Sulla Shoah pensavo di trovare molto di più, l´argomento era fresco´». Invece, poche notizie, poche testimonianze, appena 4 fotografie, quasi mai la parola ebreo stampata (un tabù), e il tema delle deportazioni buttato in un calderone unico. Anzi, si parla soprattutto di deportati politici. Un´analisi più approfondita parte negli anni 60. Nell´immediato c´erano altri problemi da risolvere, un po´ si sapeva dei lager, ma nessuno se ne preoccupò. La società italiana si voltò dall´altra parte. Come oggi la Segre ricorderà, «i più non credevano ai racconti dei sopravvissuti».
I giornali riportarono pure scarne cronache dei processi ai vertici nazisti. Una sola testata annunciò la liberazione di Auschwitz, solo il Carlino pubblicò un articolo sull´abrogazione delle leggi razziali, solo l´Avanti! raccontò la retata del ghetto ebraico a Roma. E, dell´eccidio di Marzabotto, scrisse solo l´Avvenire d´Italia il 29 settembre del 45, quasi un anno dopo).
Altre cose si scoprono (o comunque vengono confermate): lo stato italiano non agevolò il ritorno dei deportati, né li censì (6746 vittime italiane, 80 di Bologna: lo sapevate?), né facilitò la restituzione dei beni perduti. Il termine più abusato, parlando di campi di sterminio, era inimmaginabile´: comodo per non spiegare. E il Vaticano? L´Osservatore riportò pochissime notizie sulla Shoah. «Bisogna indagare ancora molto su questo discusso atteggiamento. Mi piacerebbe continuare nei prossimi anni».
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